Maggiorazione del costo ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni

Pubblicate le indicazioni delle Entrate in seguito alla proroga del beneficio fiscale introdotto dal D.Lgs. n. 216/2023 per i contribuenti titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo che assumono a tempo indeterminato (Agenzia delle entrate, circolare 20 gennaio 2025, n. 1/E).

Il D.Lgs. n. 216/2023, con l’articolo 4 introduce, per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, una nuova misura, per i titolari di reddito d’impresa e per gli esercenti arti e professioni, finalizzata a favorire l’incremento occupazionale attraverso il riconoscimento di una maggiorazione del costo del personale ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni, anche appartenente a determinate categorie svantaggiate (per le quali è prevista un’ulteriore maggiorazione del costo deducibile).

Il Decreto 25 giugno 2024 del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, contiene, tra le altre, disposizioni volte a specificare più nel dettaglio gli ambiti soggettivo e oggettivo di applicazione del beneficio, i criteri di determinazione dell’incremento occupazionale e della maggiorazione del costo del lavoro ammesso in deduzione.

L’articolo 1, commi 399 e 400, della Legge di bilancio 2025, dispone una proroga della suddetta misura, prevedendo che la stessa si applichi anche per i tre periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2024 (per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, pertanto, per i periodi d’imposta 2025, 2026 e 2027).

 

L’incentivo consente agli operatori economici di incrementare il costo ammesso in deduzione per assunzioni di dipendenti a tempo indeterminato. La maggiorazione è pari al 20% e aumenta di un ulteriore 10% in caso di assunzione di persone meritevoli di maggior tutela, come ad esempio le persone con disabilità, le donne con almeno due figli minorenni, le donne vittime di violenza inserite nei percorsi di protezione e i giovani ammessi agli incentivi all’occupazione giovanile.

 

Il beneficio è rivolto ai titolari di reddito d’impresa e agli esercenti arti e professioni, anche in forma associata, a condizione che il reddito sia determinato analiticamente e che l’attività, antecedentemente all’inizio del periodo d’imposta agevolato, sia stata effettivamente avviata da almeno un anno.

La maggiorazione spetta solo se, al termine del periodo d’imposta agevolato, l’incremento del numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato è accompagnato dall’incremento del numero complessivo dei lavoratori dipendenti, inclusi quelli a tempo determinato.

 

Il comma 6 del citato articolo 4 del D.Lgs. n. 216/2023 stabilisce che, ai fini della determinazione dell’incremento occupazionale e dell’incremento occupazionale complessivo, il numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, mediamente occupati, nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023, sia costituito dalla somma dei rapporti tra il numero dei giorni di lavoro previsti contrattualmente in relazione a ciascun lavoratore dipendente e trecentosessantacinque, o trecentosessantasei se tale periodo d’imposta include il 29 febbraio.

 

La media occupazionale dei dipendenti a tempo indeterminato e quella del numero complessivo dei dipendenti nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023, utili alla verifica dell’aumento della base occupazionale, sono calcolate sommando i rapporti tra il numero dei giorni di lavoro previsti contrattualmente in relazione a ciascun lavoratore dipendente e trecentosessantacinque (o trecentosessantasei se il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 include il 29 febbraio).

 

Sempre all’articolo 4, comma 3, vengono stabiliti i criteri di determinazione del costo riferibile all’incremento occupazionale, oggetto di maggiorazione del 20%, ai fini della deducibilità dal reddito d’impresa o di lavoro autonomo. Detto costo è pari al minor importo tra il costo effettivo relativo ai nuovi assunti, come risultante dal conto economico ai sensi dell’articolo 2425, primo comma, lettera B), n. 9), del codice civile e l’incremento del costo complessivo del personale, classificabile nelle medesime voci, relativo all’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, rispetto a quello relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2023. Per calcolare la maggiorazione, occorre fare riferimento al dato contabile delle predette voci, fatte salve le deroghe. Il comma 3, ultimo periodo, dell’articolo 4 stabilisce, altresì, che i costi riferibili al personale dipendente devono essere imputati temporalmente in base alle regole applicabili ai fini della determinazione del reddito del contribuente. In particolare, per i soggetti che adottano il regime di contabilità semplificata, ovvero per gli esercenti arti e professioni che svolgono attività di lavoro autonomo, il cui reddito è determinato ai sensi dell’articolo 54 del TUIR, l’imputazione dei costi del personale segue, pertanto, il criterio di cassa, salve le espresse deroghe previste dai predetti regimi.

 

Il comma 7 dell’articolo 4 del Decreto, infine, dispone che nella determinazione dell’acconto delle imposte sui redditi, dovuto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2023, non debba tenersi conto delle disposizioni del medesimo articolo 4. Parimenti, nella determinazione dell’acconto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024 si debba assumere, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando le disposizioni dell’articolo 4.

FIS e Fondo e di solidarietà bilaterale per le attività professionali: la riduzione contributiva

Illustrata le agevolazioni in favore dei datori di lavoro rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 148/2025 e dei decreti interministeriali del 21 luglio 2022 e del 21 maggio 2024 (INPS, circolare 20 gennaio 2025, n. 5).

Con la circolare in commento, l’INPS ha illustrato le modifiche concernenti gli aspetti di natura contributiva disposte, a far data dal 1° gennaio 2025 dall’articolo 5 del D.Lgs. n. 148/2025, in materia di integrazione salariale ordinaria, straordinaria e in deroga e dai decreti interministeriali 21 luglio 2022 e 21 maggio 2024, in materia di Fondo di integrazione salariale (FIS) e di Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali. L’Istituto ha anche fornito le relative istruzioni operative e contabili.

In particolare, con i decreti interministeriali citati, di adeguamento, rispettivamente, del Fondo di integrazione salariale (FIS) e del Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali, al quanto prescritto dalla Legge n. 234/2021 (Legge di bilancio 2022) è stata introdotta, tra l’altro, a decorrere dal 1° gennaio 2025, una riduzione della aliquota del contributo ordinario dello 0,50% (di cui due terzi a carico del datore di lavoro e un terzo a carico dei lavoratori).

Analogamente, le previsioni di cui al comma 1-ter dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo, introdotto dalla Legge di bilancio 2022, hanno disposto, sempre con la medesima decorrenza, una specifica riduzione sulla contribuzione addizionale, in relazione ai trattamenti di integrazione salariale ordinaria e straordinaria.

Il FIS

Le previsioni del D.Lgs n. 148/2015 (articolo 29, comma 8-bis) e dell’articolo 8, comma 3, del D.I. 21 luglio 2022, recante “Adeguamento del Fondo di integrazione salariale alla legge 30 dicembre 2021, n. 234”, dispongono una riduzione del contributo ordinario, per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti, a decorrere dal 1° gennaio 2025, fermo restando l’obbligo di garantire l’equilibrio di bilancio del Fondo medesimo.

Tale riduzione, stabilita in misura pari al 40% dell’aliquota del contributo ordinario dello 0,50%, attestandosi così allo 0,30%, è prevista a favore dei datori di lavoro che, nel semestre di riferimento, abbiano occupato mediamente fino a 5 dipendenti e che non abbiano presentato domanda di assegno di integrazione salariale al FIS, per almeno 24 mesi, a far data dal termine del periodo di fruizione del trattamento.

Il Fondo per le attività professionali

Il già menzionato D.I. 21 maggio 2024, all’articolo 6, comma 4, ha introdotto, a fare data dal 1° gennaio 2025, in analogia a quanto stabilito dalla disciplina del FIS, una riduzione della misura della contribuzione ordinaria di finanziamento.

Nello specifico, l’articolo 6 del D.I., dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2025, vi sia una riduzione in misura pari al 40% dell’aliquota dello 0,50%, attestandosi così allo 0,30%, a favore dei datori di lavoro che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente fino a 5 dipendenti e che non abbiano presentato domanda di assegno di integrazione salariale, per almeno 24 mesi, a far data dal termine del periodo di fruizione del trattamento.

Infine, la circolare in argomento include le indicazioni per la riduzione del contributo addizionale nei casi di CIGO, CIGS e CIGD, le modalità di determinazione dell’aliquota del contributo addizionale e le istruzioni operative relative alle agevolazioni sopra descritte.

CCNL Metalmeccanica Piccola Industria: definito il welfare 2025

Le aziende devono mettere a disposizione strumenti di welfare pari a 200,00 euro entro febbraio 2025

Il 17 gennaio è stata sottoscritta da Unionmeccanica Confapi e Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil la dichiarazione comune per la regolarizzazione del welfare per l’anno 2025 per le lavoratrici ed i lavoratori addetti alla piccola e media industria metalmeccanica, orafa ed alla installazione di impianti 
Le Parti hanno, infatti, preso atto della disdetta del CCNL da parte delle OO.SS. avvenuta in data 17 giugno 2024 ed hanno comunicato che, in applicazione dell’art. 90 co. 3 del CCNL , il CCNL resta in vigore fino al rinnovo del successivo.
Pertanto, entro la fine del mese di febbraio 2025 l’azienda deve mettere a disposizione strumenti di welfare del valore pari a 200,00 euro da utilizzare entro il 31 dicembre 2025.
Hanno diritto i lavoratori che hanno superato il periodo di prova, in forza al 1° gennaio 2025 o successivamente assunti entro il 31 dicembre:
– con contratto a tempo indeterminato;
– con contratto a tempo determinato che abbiano maturato almeno 3 mesi, anche non consecutivi, di anzianità di servizio nel corso dell’anno.
Sono esclusi i lavoratori in aspettativa non retribuita né indennizzata di servizio nell’anno di riferimento. Il valore degli strumenti di welfare non è riproporzionabile per i lavoratori part-time.

CCNL Telecomunicazioni: le OO.SS. proclamano sciopero contro la disdetta del contratto

Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil reclamano il riconoscimento del CCNL delle Telecomunicazioni quale contratto di riferimento per le attività inerenti al comparto Crm/Bpo

Le Segreterie nazionali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil hanno proclamato sciopero per la giornata del 3 febbraio per contrastare la decisione di alcune aziende di disdire il contratto delle Telecomunicazioni per applicare un nuovo contratto sottoscritto lo scorso dicembre, da organizzazioni datoriali e sindacali non maggiormente rappresentative.
Per i Sindacati la scelta potrebbe impattare su circa 6000 dipendenti, suddivisi in una ventina di aziende che operano su diverse regioni del territorio nazionale, più altri lavoratori con contratti di collaborazione.  
A differenza del contratto delle Telecomunicazioni, affermano le Segreterie nazionali, nel nuovo contratto Assocontact/Cisal sono previste riduzioni dei permessi, nonchè aumenti salariali che non prendono in considerazione la vacanza contrattuale di 2 anni (2023 e 2024) e che prevedono per il prossimo triennio (2025-2027) aumenti di circa 60,00 euro. 
Per tal motivo Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil hanno proclamato uno sciopero, con presidio sotto il Ministero del Lavoro, per sollecitare l’impegno assunto lo scorso anno relativamente al riconoscimento del CCNL delle Telecomunicazioni quale contratto di riferimento per le attività inerenti al comparto Crm/Bpo. 

Adempimenti fiscali per credito d’imposta su somme restituite per emolumenti pensionistici indebiti

L’Agenzia delle entrate ha fornito risposta a un interpello in merito alla restituzione di emolumenti pensionistici indebitamente corrisposti e alla corretta gestione fiscale delle somme restituite (Agenzia delle entrate, risposta 17 gennaio 2025, n. 7).

L’Agenzia delle entrate ha fornito un parere basato sull’articolo 150, comma 2, del D.L. n. 34/2020, il quale stabilisce ai sostituti d’imposta di ottenere un credito d’imposta pari al 30% delle somme restituite al netto delle ritenute fiscali. La circolare n. 8/E/2021 ha, inoltre, chiarito che il diritto del sostituto a fruire del credito d’imposta sorge nel momento in cui non può più essere eccepita la legittimità della pretesa alla restituzione.

 

Ai fini dell’utilizzo del credito di imposta, pertanto, sono irrilevanti le vicende e le modalità relative alla concreta restituzione dell’indebito.

Tuttavia, l’Agenzia ritiene che qualora, nelle more della definitività della pretesa, il sostituito corrisponda al netto le somme precedentemente percepite, il sostituto potrà comunque avvalersi del credito d’imposta nel periodo d’imposta in cui è avvenuta la restituzione.

 

Della restituzione delle somme, nonché dell’emersione del credito d’imposta, si dovrà dare evidenza rispettivamente nel modello di Certificazione Unica (CU) rilasciata dal sostituto e nel modello di dichiarazione dei sostituti d’imposta e degli intermediari (modello 770).

 

Nel caso di specie, in assenza di una pronuncia definitiva che cristallizzi la legittimità della pretesa dell’Amministrazione istante, il diritto del sostituto a fruire del credito d’imposta in parola sorge con riferimento al periodo d’imposta in cui avviene la restituzione delle somme indebitamente corrisposte.

A tal fine, appare irrilevante che la restituzione delle somme sia eseguita da un soggetto che ne abbia comunque la disponibilità, diverso dal beneficiario degli emolumenti pensionistici o dal suo erede alla cui posizione tali somme restano imputabili.

Sicché, nelle more della definitività della pretesa accertata con pronuncia allo stato ancora appellabile, l’istante ha diritto di fruire del credito d’imposta, limitatamente alle somme effettivamente restituite dall’istituto di credito. Al fine di godere del beneficio in parola, l’istante dovrà:

  • rilasciare all’erede la Certificazione Unica 2025, indicando nella parte ”dati anagrafici” i dati relativi al defunto ed esponendo, al punto 477, l’importo delle somme indebitamente corrisposte, al netto della ritenuta operata;

  • esporre nel campo 5 del quadro SX del modello 770/2025 l’importo del credito maturato, pari al 30% delle somme indicate al punto 477 della Certificazione Unica.